sabato 31 marzo 2012

L’USO STRUMENTALE DELLA STORIA

STORIA E POLITICA

L’USO STRUMENTALE DELLA STORIA

di Fabio Bertinetti

E’ noto che la Storia sia spesso stata strumento inconsapevole di un potere (lui si consapevole) deciso a produrre veri  e propri supporti ideologici.  Ed è altrettanto noto che la mancanza di “consistenza politica” di tali poteri li ha spesso costretti a giustificare la loro esistenza. Economia, Geografia, Genetica e, infine, la Storia sono state tra le discipline maggiormente utilizzate al fine di cercare un contenuto di alto valore retorico. 
Tralasciando analisi di maggiore complessità, relative a materie per noi meno conosciute,  intendiamo concentrarci un momento sull’uso strumentale della Storia. Sulla creazione di veri e propri  falsi ad uso e consumo del potere, per la creazione di miti, leggende o tradizioni orientate alla giustificazione delle azioni presenti o future.
Pochi giorni fa, in TV, è andato in onda il film “Il Barbarossa”, una progetto artistico che ha tentato di coniugare una presunta verità storica con una narrativa cinematografica indipendentista di chiara matrice leghista. Visione parziale e decontestualizzata della Storia, quindi, oltre che abbondante “saccheggio” di Braveheart.
Il problema fondamentale (oltre all’interpretazione forse un po troppo estensiva dell’espressione “distruzione delle mura”, che nel film si trasforma in “distruzione della città”) è dato dall’interpretazione del XII secolo in chiave “nazionalista”. Equiparare lo scenario politico medioevale dell’età dei comuni con quello degli stati-nazione, introducendo quindi i concetti di libertà e di popolo, è a nostro parere fortemente scorretto. Il momento in cui Federico I Barbarossa scese in Italia (e lo fece a più riprese), egli tentava di ripristinare l’autorità imperiale in un contesto politico connotato da forti autonomie, eredità dell’instabilità post-carolingia e del conseguente fenomeno dell’incastellamento. Dai tempi di Carlo Magno, l’imperatore  oltre a rivendicare la continuità dell’impero Romano (altro strumento retorico peraltro), rivendicava anche il proprio titolo di sovrano del regno d’Italia; dominio corrispondente al Regnum Longobardorum Carolingio.
Da tali presupposti appare evidente come lo scenario sia totalmente diverso rispetto a quello che postula una lotta per la libertà delle città lombarde.  Un altro elemento utile per “smontare” la tesi libertaria (cara anche ad una retorica ottocentesca e indipendentista) è il tentativo dell’imperatore di una conciliazione che risolvesse le dispute sorte tra Milano ed altre piccole città lombarde. Il punto è proprio questo: il momento in cui Federico intervenne, lo fece per ripristinare un’autorità che gli spettava di diritto e tentò la pacificazione della regione  convocando la dieta di Roncaglia.  Quello che da taluna storiografia è stato dipinto come un nuovo e perfido barbaro, proprio a Roncaglia emanò un decreto nel quale stabilì le regalie: prerogative dell’autorità regia.
Controllo delle vie di comunicazione, esercizio della giustizia, riscossione delle imposte, autorità di battere moneta, queste le rivendicazioni dell’imperatore. In una sola parola: sovranità. Proprio il principio che sarebbe stato alla base della nascita dello stato moderno alcuni secoli dopo.
Lo scontro con Milano si palesò in questo contesto storico. Non altri. Non riteniamo si possano individuare delle mire espansionistiche da parte dell’Imperatore, quanto il tentativo di recuperare la sovranità di un territorio che formalmente apparteneva all’impero. Il rifiuto, da parte della città, di un sistema di regole prodotto da giuristi dell’università di Bologna e derivato dal diritto romano, è poi alla base del conflitto che si scatenò gli anni successivi. Sistema di regole che prevedeva anche la sottoscrizione di rapporti di diritto feudale con i poteri signorili e le dinastie aristocratiche, altro motivo per smontare la tesi della dominazione straniera.
Concludendo, senza troppo approfondire la tematica, appare evidente che la narrativa indipendentista di stampo nazionalista è palesemente artificiale e, probabilmente, strumentale. Anche attualizzando la prospettiva moderna, più che una città aggredita e vessata da un “lanzichenecco” od un “Barbaro”  l’antagonista del Barbarossa sembra essere un vero e proprio “rogue state”: un entità che si ribella ad un ordine politico-giuridico (molto più legittimo di quello che presumono di perseguire oggi gli U.S.A) e che con fini egemonici aggredisce i propri vicini.

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