domenica 5 febbraio 2023

TRIPOLI BEL SUOL D’AMOR

 TRIPOLI BEL SUOL D’AMOR (le operazioni navali della guerra Italo-turca) 


 di Fabio Bertinetti



Il quadro politico


Siamo agli inizi del ‘900 e il quadro politico europeo è piuttosto effervescente. Le maggiori potenze del continente sono divise in due diverse alleanze: la Triplice Intesa (comprendente Francia Russia e, successivamente, Gran Bretagna) e la triplice alleanza (formata da Germania, Austria e Italia). Alleanze piuttosto emblematiche dello spirito del tempo visto che in entrambi i campi si registrava la presenza di nazioni che il secolo precedente erano state in forte contrapposizione tra di loro (ad es. Francia e Inghilterra o Italia e Austia), ma che in quel periodo storico avevano assolutamente bisogno di trovare un posto negli equilibri europei, ben consapevoli che nessuna di loro, da sola, avrebbe potuto acquisire posizioni di esclusivo dominio.

Tale consapevolezza non era però sufficiente a convincerle ad una politica pacifica e conciliante (ci sarebbero volute due guerre mondiali per prenderne atto), ma lo era per cercare  accessi coloniali che potessero bilanciare lo strapotere dell’impero (informale) britannico.

La Francia aveva possedimenti in Maghreb  ed in Africa, la Germania un impero sparso tra l’Africa e l’Oceania, mentre l’Italia aveva acquisto territori in Africa Orientale, ma le sue aspirazioni coloniali erano state presto frustrate da una dura sconfitta delle proprie truppe ad Adua (1896), interrompendo così il processo di espansione verso l’entroterra che sarebbe poi ripreso negli  annni ’30. L’Unica potenza a non avere delle colonie oltremare è l’Austria-Ungheria, ma non era una potenza attratta dalle conquiste “esotiche”, quanto piuttosto un soggetto interessato a contrastare le forze centrifughe e, magari, ad espandersi nei Balcani. Nel 1908 annette la Bosnia Erzegovina e l’azione oltre ad indispettire la Serbia e la Russia, irritò anche l’Italia che non venne avvertita dal suo alleato del progetto di annessione. Irritazione, però, giustificata solo parzialmente visto che anche l’Italia si era impegnata in trattative segrete con Francia e  Gran Bretagna per ottenere il via libera ad un eventuale operazione di conquista della Cirenaica e della Tripolitania. Nel 1908, poi, l’Italia “chiude il cerchio” firmando a Racconigi un accordo segreto con lo Zar per ottenere da lui il medesimo consenso in cambio di un riconoscimento dell’interesse Russo nei Dardanelli.  Considerando che la stessa “autorizzazione” l’aveva ottenuta già dai suoi alleati al momento del rinnovo del’Alleanza nel 1902, appare chiaro come il destino di quel pezzo di Nordafrica ( ricordiamo formalmente appartenente all’Impero Ottomano) fosse inevitabilmente segnato. 


Le forze in campo


Per capitalizzare al più presto tutto il tempo investito in diplomazia, il Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti ( insediato da appena 6 mesi), ruppe gli indugi alla fine dell’estate del 1911. Attese Il completamento delle manovre terrestri e navali e il 20 settembre di quell’anno mise in stato d’alleata le forze militari per l’imminente azione.  

Le forze in campo erano sproporzionalmente favorevoli all’Italia, specie per quel che riguarda le forze navali.  A fronte di 36 tra Corazzate e Incrociatori, 62 navi siluranti 8 incrociatori ausiliari (generalmente navi mecantili armate), La marina ottomana poteva schiereare 4 corazzate 2 incrociatori e una ventina di navi siluranti sparse tra l’Albania, la Palestina e i Dardanelli.

Il fatto che la flotta turca fosse minimale e dispersa nel mediterraneo facilitava il compito della marina Italiana, a patto che la stessa assumesse l’iniziativa e non sottovalutasse la minaccia.

Una delle caratteristiche della guerra navale è proprio quella di consentire all’attaccante di utilizzare meno risorse del difensore (contrariamente alla guerra terrestre dove è proprio chi si difende a poter operare in economia di forze). L’iniziativa in campo navale è quindi essenziale, perchè una piccola squadra di navi siluranti, se ben condotte, potrebbero creare grossi danni anche a formazioni più numerose e potenti.

Vista la conformazione geografica del teatro di guerra (inizialmente circoscritto alle sole Cirenaica e Tripolitania) l’arma navale diventava vitale. Servivano le navi per trasportare le forze di occupazione  e servivano le navi per acquisire il dominio del mare ed impedire che anche poche navi potessero avvicinarsi ai trasporti truppe per attaccarli e distruggerli.

Vista la situazione deteriorata il governo ottomano decise di inviare un piroscafo di rifornimenti in Libia imbarcando 20000 fucili e due milioni di cartucce. Sarebbero serviti per armare quanti più sudditi possibili in vista di una sicura interruzione delle linee di rifornimento marittime. Anche per questo, probabilmente, non vi fù volontà ottomana di riempire di truppe regolari Cirenaica e Tripolitania, affidandone la difesa alle normali forze di presidio e ad una condotta di guerra che oggi chiameremmo insorgenza.

Il piroscafo DERNA giunse a Tripoli dopo aver eluso la vigilanza degli incrociatori NAPOLI, VARESE E ROMA che incrociavano al largo di Tripoli. Bastò una mano di vernice e un cambio nome (da DERNA ad HAMITAZ) per poter giungere in porto e scaricare le armi.  In ogni caso non essendoci ancora uno stato di formale ostilità tra i due contendenti, anche sequestrare il carico sarebbe stato un aspetto non banale. Era il 25 di settembre e l’ultimatum alla Turchia venne consegnato solo il giorno 27.  La richiesta italiana era di una cooperazione pacifica nell’occupazione della Tripolitania, in caso contrario l’Italia lo avrebbe fatto da sola “per le esigenze generali della civiltà”. 

All’ultimatum la Turchia rispose in modo interlocutorio e, non ritenuta soddisfacente la risposta, dalle ore 17 del 29 settembre 1911 sarebbe scattata la dichiarazione di guerra con conseguente inizio delle ostilità.


Le altre operazioni navali

 

 

Per quanto il quadrante libico fosse primario nello sforzo militare, vi era anche un’altro “fronte” e cioè quello del Mar Rosso a copertura delle forze italiane presenti in Eritrea.  Il timore era ch vi si potessero operare sbarchi (o incursioni in genere) con l’obiettivo di costringere gli italiani a stornare forze dallo sforzo principale. Per questo motivo, già dai primi di novembre al dispositivo navale presente si erano aggiunti gli incrociatori Piemonte e Calabria che operarono in vere e proprie missioni “search and destroy” ante litteram. Le forze navali turche nel settore erano ancora meno potenti rispetto a quelle mediterranee, quindi non fu difficile per la squadra guidata dal C.V. Cerrina Feroni ingaggiare e distruggere cannoniere, yacht e sambuchi senza subire alcuna perdita.  Anche l’Eritrea era stata messa al sicuro.

 

Ai primi del 1912 il governo italiano è impaziente di stipulare la pace con l’Impero Ottomano e vedersi così riconoscere definitivamente il possesso della Tripolitania e della Cirenaica. Gia dall’ottobre precedente il governo aveva teorizzato la possibilità di effettuare un’azione militare con l’obiettivo di bloccare Smirne, occupare Mitilene e aumentare la pressione nei confronti della Sublime Porta per costringerla a siglare una pace. Il disappunto delle grandi potenze europee costrinse, però, il governo italiano a desistere. Con il nuovo anno le condizioni politiche sembrarono cambiare e anche complice un rifiuto Turco ad accettare la mediazione internazionale, le operazioni scoraggiate solo pochi mesi prima, ora, sembravano possibili. 

All’alba del 24 febbraio una squadra navale composta dagli incrociatori corazzati GARIBALDI e FERRUCIO, al comando del C.V. Thaon di Revel, si presentò al largo di Beirut e aprì il fuoco contro una cannoniera corazzata da 2400 tonnellate ed una torpediniera, affondandole in breve tempo.

Il 17 aprile un tentativo di forzare lo stretto dei Dardanelli per andare ad attaccare il grosso della flotta ottomana, fallì a causa delle avverse condimeteo. Il giorno successivo l’Ammiraglio Viale (comandante delle operazioni navali subentrato da pochi giorni) ordinò alle proprie navi di incrociare in ordine di battaglia davanti all’ingresso dei Dardanelli.  Lo scopo era quello di stanare le navi rifugiatesi, sperando che una vittoria definitiva lasciasse sguarnita la Turchia sul mare e la costringesse alla pace.  La flotta turca non acettò la provocazione. Solo un cacciatorpediniere si affacciò e venne inseguito dal GARIBALDI dal FERUCCIO e dal VARESE che si impegnarono in un feroce scontro con i forti a presidio dello stretto.  Le navi italiane non subirono danni, ma l’obiettivo non si raggiunse. In ogni caso, ormai, il dominio del mare anche per il settore del mediterraneo centrale era assicurato, al punto che dal 28 aprile al 16 maggio, con una serie di sbarchi anfibi le forze italiane avevano occupato il Dodecaneso.

Il 18 luglio si decide di ritentare il forzamento dei Dardanelli con l’obiettivo di silurare le navi turche negli ancoraggi. L’azione di aprile aveva consentito ai turchi di prendere coscienza del pericolo e  chiudere lo stretto dopo averlo minato. La misura, però, venne duramente criticata dalle potenze neutrali che contestarono il blocco degli accessi al Mar Nero. Ciò portò la gli ottomani a riaprire gli stretti e consentì agli italiani di riprovarci nuovamente. Cinque piccole torpedinierie si intrufolarono nei Dardanelli con il favore delle tenebre. I proiettori nemici li illuminarono e le navi aumentarono la velocità per arrivare prima possibile a distanza utile per il lancio.  Quando furono a circa duemila metri, la SPICA urtò un ostacolo subacqueo. Non subì seri danni, ma si pensò ad uno sbarramento generalizzato ( o un basso fondale) che potesse coinvolgere l’intera squadriglia. Il C.V. Millo, al comando dell’operazione, decise  di annullarla e tornare indietro. 

Successivamente a tale data, se si eccettuano azioni di supporto alle forze terrestri (trasporto, bombardamento costiero), la Marina Italiana non fu più impegnata in azioni di rilevo.  Il 18 ottobre del 1912 Italia e Impero Ottomano firmano il trattato di Losanna che non prevedeva la sovranità piena ed intera del Regno d'Italia" sulla Tripolitania e la Cirenaica, così come dichiarato unilateralmente dall'Italia con Regio decreto n. 1247 del 5 novembre 1911, convertito in legge il 23 e il 24 febbraio 1912bensì la sola amministrazione civile e militare - una sorta di protettorato - su un territorio che giuridicamente restava a far parte dell'Impero ottomano.

Al trattato venne data piena e intera esecuzione con legge n. 1312 del 16 dicembre 1912, che ne riportava il testo per intero, in lingua francese.

La restituzione delle isole dell'Egeo, che l'Italia subordinò al ritiro totale delle truppe ottomane dalla Libia, non venne attuata e l'occupazione delle isole proseguì fino agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale.

La piena sovranità italiana sulla Tripolitania, la Cirenaica e il Dodecaneso venne riconosciuta con un secondo trattato di Losanna, sottoscritto da tutte le potenze dell’Intesa e la Repubblica di Turchia, il 24 luglio 1923.

ROMA, REPUBBLICA:VENITE! (I parte)

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