domenica 15 novembre 2015

PERCHE' NON E' UNA GUERRA DI RELIGIONE




Di Fabio Bertinetti


   Ancora una volta non sembrano esser stati degli immigrati, magari irregolari, a colpire il cuore dell'Europa. Come a Madrid nel 2004 e a Londra nel 2005 (per non parlare dei fatti di Charlie Ebdo) l'immigrazione clandestina non c'entra nulla. Il problema non sono quegli immigrati privi di documenti che vivono ai margini della società ogni giorno. Non sono loro il serbatoio di manovalanza al quale attingono i reclutatori del terrore. A Parigi come a Londra sono stati i figli dell'Europa a colpire per la strada, nella metro, nel teatro o nella redazione di un giornale satirico. Ragazzi di cittadinanza europea, monitorabili dalla polizia come me e qualunque altro cittadino della UE. 
   La pericolosa invasione degli islamici, pronti a sbarcare sulle nostre coste con il pugnale in mano e pronti a sgozzarci, deve ritornare li da dove è venuta. Dai più remoti angoli dell'irrealtà e della stupidità, con buona pace di quei politici sciacalli che ora dicono: "l'avevamo detto". Avevano detto cosa? Ripetuto a pappagallo i timori di una scrittrice che, nelle ore immediatamente successive all' 11 settembre del 2001 rilanciava le apocalissi "Huntingtoniane" dello scontro di civiltà, nulla di più. Non un'analisi del sistema internazionale, non un ragionamento sugli sconvolgimenti post prima guerra mondiale, non una parola sul bisogno di politica europea comune che c'è nel mediterraneo. Niente di ciò, come nelle loro teste del resto. Solo un occasione d'oro per poter essere intervistati ed  esistere ancora per qualche minuto, prima di sprofondare nel buio delle loro idee e del loro retaggio retrogrado e bocciato dalla Storia.

   "Bastardi islamici" ha scritto Libero nell'edizione del 14 novembre, perché è questo l'assioma: la nostra cultura è aggredita da una molto violenta e barbarica che, nell'impossibilità di attaccarci militarmente, ci invade.  Migliaia di quinte colonne che attraversano il mare con barconi improbabili, per colpirci dopo essere stati accolti e salvati. Scontro di civiltà: "the west against the rest". Oggi saranno gli islamici e domani i cinesi....e poi chissà quali altri nemici. La paura come mezzo di controllo e come fattore ordinante. Ai miei tempi c'era l'uomo nero o il lupo cattivo, oggi la narrativa sembra cambiata.

Ed ecco il tema che mi preme sottolineare: le responsabilità. 

   E' chiaramente un tema articolato, complesso, che in poche righe rischierebbe di apparire superficiale, ma mi preme sottolineare i meccanismi che regolano la questione. La matrice che, come spesso accade nella Storia, si ripropone (non si ripete, attenzione) magari con delle varianti.

  Siamo partiti dallo scontro di civiltà, sul quale ho gia avuto modo di scrivere in questo Blog, ma in realtà lo scontro di civiltà è il termine del racconto, della fiaba di cappuccetto rosso e del lupo cattivo. In realtà nulla di tutto ciò esiste, ma dovrebbe essere il mondo perfetto per giustificare il dominio sulle fonti di energia.  Ipotesi di complotto? No, assolutamente. Penso si tratti di geopolitica un po' maldestra. Una geopolitica dominata non più dalle due grandi superpotenze, ma da attori di media potenza che hanno occupato uno spazio geografico e politico (il medio oriente) da dove l'Urss nel 1989 e gli USA solo pochi anni fa si sono ritirati. L'una per problemi politico-economici, l'altra per una minore dipendenza dal petrolio mediorientale, grazie alla tecnica che permette lo sfruttamento dei gas di scisto. In questo vuoto si sono inserite tre potenze mussulmane: l'Iran, la Turchia e l'Arabia Saudita. Sono loro gli attori della guerra in Siria. Dalle loro tensioni ( e di conseguenza dal sempiterno conflitto tra Sunniti e Sciiti) nasce l'ISIS (o Daesh come dicono quelli bravi). Ecco perché non è uno scontro di civiltà, ma un conflitto interno allo stesso Islam per puntellare le corrispondenti leadership politiche in fibrillazione per vari motivi: caduta del prezzo del greggio (Arabia Saudita), isolamento internazionale (Iran), le primavere arabe (Turchia). l'Isis aiuta tutti: allontana i riformisimi e accredita questi paesi come unico baluardo contro la barbarie. Non ritengo un caso che gli attentati del 13 novembre siano stati compiuti alla vigilia della visita in Europa del Presidente Iraniano. Sarebbe da chiedersi "cui prodest?" la distrazione di massa attuata con gli attentati in un momento delicato della politica internazionale? In questo momento le risposte potrebbero essere molte, ma noi non siamo in ricerca di risposte oggi, desideriamo elaborare la matrice che ci permetta di inquadrare meglio la questione, magari per averle gia domani.

E queste sono le responsabilità degli Stati (non delle civiltà).

   Non meno importanti sono le responsabilità degli individui. Ecco il tema dolente. In questi mesi la definizione, a nostro avviso, più azzeccata per inquadrare il fenomeno Isis è quella che Domenico Quirico illustra nel suo libro "Il Grande Califfato". Il giornalista definisce una cornice di "Totalitarismo Islamico Globale" entro la quale operano le menti che aspirano alla creazione del Califfato. Non si tratta di un solo elemento. Non solo Islam, non solo totalitarismo, e neppure solo globalizzazione, ma un combinato ove il primo elemento risulta essere quello dagli effetti più devastanti.           
   
   Arriviamo al punto. Il problema non è l'Islam, ma lo zelo con cui un fedele interpreta le sacre scritture. Il totalitarismo dell'Isis è di matrice Sunnita, una confessione che non prevede una guida suprema (a differenza degli Sciiti), ma una responsabilità diretta delle proprie azioni rispetto al proprio Dio. Non vi ricorda i Puritani Inglesi del XVII secolo? Non vi ricorda lo zelo religioso che in Europa portò a sanguinosi conflitti religiosi dagli anni '20 del 1500 fino alla pace di Westfalia nel 1648? A noi lo ricorda terribilmente, ed ecco il ripresentarsi della matrice, di cui dicevo sopra, in un'altro topos geografico, ma con le stesse dinamiche di contrasto tra religioni. E pensare che al tempo si trattava anche dello stesso Dio. 

   Sorge quindi il tema della responsabilità individuale, e cioè questa guerra (perché è sicuramente una guerra) non porta allo scontro due civiltà (o due religioni), ma pochi individui contro il resto del mondo. Un gruppo di persone che approccia alla religione con la stessa intransigenza con la quale approccerebbe al tifo calcistico, al fumare 100 sigarette invece di 1, al pretendere dagli altri la stessa perfezione che pretende da stesso, al considerare la propria idea politica come unico contenitore della verità.

 Se non fosse così non assisteremmo alla nascita di fondamentalisti islamici occidentali. Italiani figli di italiani, tedeschi figli di tedeschi e così via. Ogni tanto succede che dei giovani senza nulla in comune con l'Islam (nessuna educazione islamica, nessun parente islamico), si convertano per seguire le interpretazioni più estreme del Corano. Succedeva anche in passato, con le grandi ideologie politiche che portarono alla creazione dei partiti di massa. Succede ora quando dei falsi profeti incontrano dei giovani che non hanno gli strumenti (alle volte culturali, altre volte emotivi o affettivi) per filtrare i messaggi di odio.

  Se non fosse così lo Stato Islamico non avrebbe bisogno di quella propaganda strutturata e sofisticata che, alle volte, sembra di stampo occidentale, creata per parlare ai nostri figli e non a quelli "degli altri".

   Un'ultima notazione è sulla Francia. Non riteniamo un caso che proprio a Parigi si siano verificati due degli attentati più sensazionali avvenuti in Europa. Non riteniamo un caso che proprio nella città che visse la rivolta delle Banlieu nel 2005 si siano allungate molte scie di sangue.  Non è nelle periferie che, complice il processo di esclusione e marginalizzazione delle persone,  si dividono i destini dei giovani? Non è proprio nelle periferie che, quando si cresce, si diventa o guardie o ladri? Si sopravvive o si muore (di droga, di criminalità, di marginalità)? Non è che si tratta dello stesso racconto ma con un diverso protagonista? Il Totalitarismo Islamico Globale.



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